lunedì 3 febbraio 2014

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Sai quando scrivi il curriculum ed esageri apposta alcune esperienze, così, tanto per renderlo più accattivante agli occhi degli eventuali datori di lavoro?
Ecco.
E' sabato sera e io non ho mai fatto la cameriera in vita mia.
La sala si riempie velocemente e un vortice di emozioni inonda il mio cervello, confondendo il modello mentale che mi ero fatta per ricordare la disposizione dei 112 tavoli del ristorante e mandandomi istantaneamente nel panico.
"Ok", dico. "Quello è il 53, giusto?"
"No. E' il 48", risponde Hillary, nuova pure lei ma a quanto pare già più esperta di me.
"Ma come fai?", chiedo disperata.
Ovviamente, di tre new entry sono l'unica senza esperienza. Il solito culo. L'istinto però mi suggerisce di non renderlo troppo evidente, così sorrido con aria ebete ai clienti che prendono posto e mi lambicco il cervello nel tentativo di recuperare i dati andati perduti nel giro di dieci minuti. Ma dove diavolo è il 53?
"Quanti piatti porti?"
"Eh?"
"Quanti piatti sai portare?", ripete Hillary.
Due, uno per mano, penso.
"Quattro", mento.
"Be' dai, quattro va benissimo".
Sicuro.
Fortunatamente ci hanno messe a servire le bibite, perché non conosciamo il menu ed è un ottimo esercizio per imparare alla perfezione la disposizione dei dannati tavoli. Il barista dispensa consigli da mezz'ora, poi piazza quattro birre sul vassoio e dice: "Va'!"
Se non altro un vassoio lo so portare. 
Azzecco il tavolo, mi assegno dieci punti abilità e torno alla mia postazione. Il mondo sorride un po' di più.
La serata procede velocemente, il mio cervello sembra voler collaborare e, com'è mia abitudine, quando non sono sicura di qualcosa chiedo. 
"Dov'è il 53?"
"Là", risponde la manager indicando un punto assurdamente lontano, e mi faccio largo tra una folla di bambini festanti tentando di non versare nemmeno un goccio dalla caraffa assurdamente piena di Pilsner. Appunto mentale: quando avrò figli, li legherò alle sedie e ciccia.
Sono già le 22, il mio turno sta per giungere a conclusione. Dentro di me esulto di già per lo smaccato trionfo, anche perché ho escogitato un piano: Chris, il mio compagno, ha fatto il cameriere per diversi anni e si è offerto un discreto numero di volte di insegnarmi a portare almeno quattro piatti. E' giunto il momento di sfruttarlo. Appunto mentale: non rimandare a domani ciò che avresti potuto fare dal momento del colloquio al giorno dell'inizio.
Mi aggiro tra i clienti con aria tronfia, spacciandomi per dipendente esperta e consigliando i miei dolci preferiti agli indecisi. Il campanello del bar trilla, chiamandomi alla mia occupazione, così torno sui miei passi e afferro l'ennesimo vassoio strapieno di caraffe. 
Conscia dell'onnipresente sguardo della responsabile individuo subitaneamente la destinazione, mi incammino con passo veloce, schivo una pallottola che poi scopro essere un minuscolo bambino e...
PATAPUM!!!
Mi schianto a terra nel bel mezzo della sala. Le voci attorno a me si smorzano, apro gli occhi e il viso della responsabile è a un centimetro dal mio. Brutto spettacolo. E ancor più brutto dev'essere quello che offro io: spataccata disordinatamente tra i cocci rotti, immersa in una pozza maleodorante di birra sprecata, mi siedo faticosamente e accetto la mano di un collega per tornare dignitosamente bipede.
"Sono viva", dico stupidamente.
"Vieni", risponde la responsabile. 
Ok. 
La mia carriera come cameriera è finita nel giro di una serata.
Mi avvio al patibolo, congelando il viso in un sorriso per niente credibile, e seguo il grosso culo della responsabile fin dentro lo spogliatoio. Che mi sciacqua via i vetri di dosso. E disinfetta i piccoli taglietti. E spiaccica un guanto usa e getta pieno di ghiaccio, misteriosamente apparso da chissà dove, sul mio gomito dolorante. E dice:
"Succede più spesso di quanto pensi".
Un nodo si scioglie dentro il mio stomaco. La figura di merda brucia ancora, ma sorrido timidamente e chiedo scusa col mio migliore tono contrito. 
Questo, essenzialmente, il mio primo giorno di lavoro. 
Non il migliore, ma nemmeno il peggiore della mia vita.
Perché, già, di primi giorni di lavoro ne ho affrontati tanti. 
Patologicamente precaria.
Incrollabilmente ottimista.
Mi chiamo Jane. Piacere mio.





 

1 commento:

  1. No, no, il piacere è tutto mio. Che se queste sono le premesse questo posto già mi piace!

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